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D- AMMORTIZZAZIONE DI PRESSIONI



Il corpo subisce continuamente tensioni, stiramenti, urti, stress di tutti i tipi. Se non esistesse un reparto difensivo per ammortizzare questi diversi traumi, sarebbe poco probabile che l’essere umano fosse sempre vivo e in ogni caso la sua funzionalità sarebbe fortemente alterata. Questo ruolo di ammortizzazione è in gran parte compiuto dalla fascia e si realizza attraverso la sua struttura biochimica, le sue componenti elastiche, la sua costruzione anatomica, il tessuto grasso.

Struttura biochimica

Abbiamo studiato nel capitolo precedente il ruolo tampone del tessuto connettivo devoluto alla sostanza fondamentale, essa stessa dipendente dalla concentrazione in proteoglicani. Occorre ricordarsi che i proteoglicani modificano le caratteristiche visco-elastiche dei tessuti permettendo così il loro adattamento alle variazioni di pressione. La proporzione tra sostanza fondamentale e fibre dipende dalle forze che agiscono sul tessuto. Così avremo che in un legamento, dove le forze sono dirette secondo una direzione costante con sollecitazioni importanti, la sostanza fondamentale è molto limitata e le fibre sono molto abbondanti e allineate in fasci paralleli. In seguito ad una qualsiasi sollecitazione la fascia gioca un ruolo di ammortizzatore per attenuarne l’intensità e assorbire una parte di forza. Se questa sollecitazione persiste la fascia in un secondo tempo modificherà la sua struttura. Così quando una tensione è applicata ad un qualsiasi livello, le fibre di collagene aumentano e si orientano secondo le linee di forza potendo creare una fibrosità.

Hurchler e coll. in studi fatti su una fascia patologica nel quadro della sindrome cronica della loggia tibiale anteriore, non hanno constatato differenze quantitative di collagene. Al contrario hanno notato un aumento dello spessore e della rigidità strutturale. A livello della fascia patologica la la struttura reticolata delle fibre è più piccola. In certi pazienti appare più spessa ed in altri più spessa e con delle aderenze muscolari ed in altri ancora istologicamente normale. Questo ci porta a pensare che ogni soggetto risponde in maniera diversa ad una stessa patologia e questo certamente in base allo stato di salute generale del paziente. Quando guardiamo una persona occorrerà quindi integrare la patologia in un contesto generale; questa è l’idea che esprime I.Korr che “non ci sono malattie ma solo malati”.

Page nota che il tessuto connettivo forma le membrane attraverso le quali hanno luogo i processi osmotici di nutrizioni ed eliminazione. Pressioni o tensioni anormali vanno a ripercuotersi sugli scambi osmotici dei fluidi. L’equilibrio che esiste tra il flusso sanguigno ed il fluido tessutale deve essere mantenuto, affinché si possa esprimere pienamente l’equilibrio fisiologico del corpo. Qualsiasi tensione membranosa può perturbare l’emodinamica del corpo; il drenaggio dei tessuti sarà a sua volta perturbato con accumulo di metaboliti e progressive disfunzioni locali.

Yahia e coll. tramite prelievi campione di fascia lombare, hanno constatato degli ispessimenti evidenti, ciascuno con fibre orientate in una direzione specifica.

Componente elastica

La fascia non è una struttura totalmente rigida. Qualunque sia la sua localizzazione, presenta sempre una certa elasticità grazie alla quale può attenuare l’intensità delle pressioni e far aumentare al massimo la soglia di rottura. Durante uno sforzo violento la resistenza muscolare è supportata e rinforzata dalle caratteristiche elastiche del tessuto connettivo; senza questo il muscolo raggiungerebbe rapidamente la sua soglia di tolleranza e ne conseguirebbe facilmente la rottura. Se questo non si realizza frequentemente è grazie alle proprietà visco-elastiche e contrattili della fascia.

Yahia e coll. hanno studiato lo stiramento su campioni di fasce. Hanno constatato che più una fascia è stirata, più aumenta la sua rigidità e che per ottenere una stessa deformazione in un tempo più corto occorre una carica più importante. In più se la fascia è sottomessa ad una carica costante la deformazione diminuisce progressivamente.

Tessuto grasso

Oltre al suo ruolo di messa in riserva di grasso, di isolante termico, il tessuto grasso interviene anche per ammortizzare le pressioni. Questo ruolo riveste una importanza più o meno grande a seconda delle regioni considerate. A livello cutaneo il tessuto grasso attenua l’intensità degli urti, costituendo un cuscino ammortizzante più o meno efficace a seconda dello spessore. Così un urto sul braccio, dove il pannicolo adiposo è ben presente, sarà meno doloro rispetto alla tibia dove il tessuto grasso è praticamente inesistente.

A livello addominale, oltre a riempire lo spazio compreso tra i diversi organi, il tessuto grasso attenua in modo significativo le grandi pressioni che si esercitano all’interno della cavità addominale, proteggendo così i diversi organi affinché la loro fisiologia possa svolgersi normalmente.

A livello dei reni il grasso perineale è molto abbondante. Permette una fissazione del rene (le ptosi renali sono frequenti nei dimagrimenti rapidi con perdita del grasso perineale) e costituisce attorno a questo un cuscinetto adiposo che protegge contro i traumi (se troppo violenti possono portare alla rottura del rene).

A livello del perineo infine esiste una importante raccolta di grasso.

Esempio del perineo

Il perineo per la sua situazione, il suo ruolo, la sua costruzione anatomica, merita uno studio particolare che illustrerà perfettamente le diverse caratteristiche della fascia. Richiamiamo alla mente che il perineo è composto da tre strati fasciali sovrapposti: aponeurosi perineale superficiale, media (presenti a livello del perineo anteriore), aponeurosi perineale profonda (rappresenta l’amaca che chiude tutta la cavità addominale). Questi involucri fasciali circondano i diversi muscoli che rinforzano e sottendono. Questa costruzione sarebbe perfetta se non presentasse in senso antero-posteriore delle aperture nelle quali si introducono gli organi del piccolo bacino: retto, vescica nell’uomo e retto, vescica e sopratutto vagina nella donna (questa costituisce una importante fessura dove si situano utero e collo della vescica).

Il perineo è riempito nella sua parte centrale, in senso antero-posteriore, dagli organi dl piccolo bacino che hanno grossolanamente una forma concava e sui quali aderisce e riposa il peritoneo. Lateralmente troviamo le fosse ischio-rettali, due strutture longitudinali riempite di grasso. Il perineo rappresenta la parte più declive della cavità toraco-addominale, su cui si appoggia tutta una “colonna liquida”, che comprende non soltanto gli organi perineali, ma anche gli organi addominali e toracici. Questa colonna ha un peso considerevole e poiché il perineo non è chiuso ermeticamente, se questo peso si ripartisse solo verticalmente, gli organi perineali tenderebbero rapidamente alla ptosi, ma questa fortunatamente non è che una circostanza eccezionale.

Il perineo, per evitare questi inconvenienti e al fine di sostenere la colonna viscerale sottostante, assicurare una perfetta fisiologia degli sfinteri, assorbire le pressioni che si esercitano su di lui, si è dotato di più meccanismi di protezione:

- elasticità e solidità

- architettura anatomica

- presenza di un cuscino adiposo

- ammortizzatori complementari

- sinergia di movimento

 

 

a)elasticità e solidità

Per sostenere gli organi perineali, le fasce pelviche devono avere due caratteristiche essenziali e apparentemente contraddittorie: elasticità e solidità.

· Solidità per sopportare le enormi pressioni che possono esercitarsi quando si tossisce o facciamo sforzi violenti.

· Elasticità per permettere di ammortizzare permanentemente le pressioni e per favorire il gioco degli sfinteri.

La perdita di uno di questi due fattori o di entrambi porta alla rottura del funzionamento fisiologico degli organi perineali, con possibilità di disfunzioni vescicali o uterine e, in più o meno tempo, prolasso di questi organi.

b)architettura anatomica

Abbiamo segnalato che gli organi perineali hanno una forma grossolanamente concava in senso antero-posteriore e sagittale. Questo per permettere alle pressioni che vengono dall’alto di ripartirsi in tutti i sensi e non solamente in una direzione strettamente verticale. Kamina nota che: la statica interna è tanto migliore quanto l’orientamento fisiologico dell’apparato genitale è conservato o accentuato e quando gli elementi di sostegno sono solidi. Durante lo sforzo, la pressione addominale, tenuto conto della direzione generale del bacino, è orientata essenzialmente in dietro verso la resistente regione ano-coccigea. C’è una traslazione posteriore dei visceri ed in particolare dell’utero, il cui collo si appoggia sul perineo posteriore. Del resto le fasce uterine dell’elevatore dell’ano si contraggono per opporsi alle sollecitazioni pressorie. Alzano il centro tendineo del perineo, che applica la parete vaginale posteriore contro quella anteriore, formando un angolo vaginale a seno posteriore: “l’angolo vaginale”. Nell’architettura anatomica bisogna tener conto dell’inclinazione del bacino, della lordosi lombare, della tonicità addominale. L’aumento della lordosi lombare e la perdita della tonicità addominale favoriscono l’antiversione del bacino; di conseguenza, la risultante delle forze che si esercitano sul perineo ha la tendenza ha focalizzarsi sulla fessura vulvare, esercitando una pressione molto più forte sulla vescica e sull’utero. Se ci troviamo davanti ad un perineo indebolito, molto rapidamente ciò porterà alla discesa del collo vescicale o uterino.

c)presenza di un cuscino adiposo

Il tessuto grasso presente a livello delle fosse ischio-rettali ha il compito non soltanto di colmare uno spazio lacunare o per proteggere gli elementi vascolo-nervosi, ma anche per ammortizzare le pressioni. Rappresenta un tampone elastico che attenua l’intensità delle pressioni e ne prende in carico una certa parte

 

 

d)ammortizzatori complementari

-Postero-lateralmente la cavità perineale è chiusa dal muscolo piramidale circondato dalla sua fascia, che è in dipendenza dall’aponeurosi perineale profonda. Oltre a chiudere ermeticamente l’anello pelvico in dietro, il piramidale costituisce un ammortizzatore supplementare delle sollecitazioni che si esercitano sul piccolo bacino.

-Lateralmente il bacino presenta due orifizi: i forami otturatori, dei quali ci si può chiedere la funzione. Oltre al fatto che danno inserzione ai due muscoli otturatori, questi forami sono colmati dalla membrana otturatrice, struttura elastica che vibra in funzione delle pressioni che si esercitano sul piccolo bacino; un po’ alla maniera di due branchie di un pesce, costituendo così un elemento supplementare di regolazione delle sollecitazioni.

e)sinergia di movimento

Non ci scordiamo che esiste una importante massa viscerale addominale che domina il piccolo bacino e che questa massa è chiusa nella sua parte superiore dal pistone diaframmatico, che è mobilizzato continuamente dall’alto verso il basso, esercitando quindi una certa pressione sulla colonna viscerale. Questa pressione si trasmette agli organi pelvici. I tessuti molli del perineo, grazie alla loro elasticità, sono là anche per assorbire ed integrare questo movimento permanente, evitando così che questo diventi dannoso per il proprio contenuto.

Il perineo lavora dunque in sinergia con il diaframma, realizzando un lieve movimento di discesa durante l’inspirazione. Per convincersi di ciò basta respirare contraendo il perineo e si percepisce che la respirazione diviene improvvisamente più difficile e si ha la sensazione di un aumento di pressione. Tutto sommato, grazie alla solidità, alla plasticità e alle caratteristiche visco-elastiche delle fasce, le pressioni trasmesse dalla colonna toraco-addominale non si esercitano soltanto in maniera verticale, ma sono ripartite e prese in carico da tutte le componenti dell’anello pelvico:

- In basso e in dietro a livello dell’anello fibroso centrale del perineo, punto della cavità più declive e di convergenza di tutte le fasce e di tutti i muscoli perineali. Rappresenta il laccio che chiude il sacco e può quindi essere considerato il punto più solido.

- Lateralmente esiste il primo ammortizzatore costituito dal tessuto connettivo grasso. Più lateralmente ancora si trovano in avanti le membrane otturatrici e in dietro i piramidali.

- In avanti infine una parte di sollecitazioni è presa in carico dal perineo anteriore e dalla sinfisi.

 

Struttura anatomica

Ancorata al sistema scheletrico la fascia non rappresenta un semplice tubo costituito da bande verticali o parallele. L’architettura della fascia è formata da più strati sovrapposti e interdipendenti gli uni dagli altri, orientati in parecchie direzioni: verticali, orizzontali e oblique. Tutto ciò al fine di rinforzare la solidità, l’efficacia e di aumentare la resistenza alle sollecitazioni che si esercitano su di essa. Debnar e coll., nel corso dell’analisi di campioni di fascia toraco-lombare, hanno dimostrato che questa è formata numerose lamine di collagene orientate obliquamente le une in rapporto alle altre. Gerlach e Lierse hanno studiato la fascia dell’arto inferiore. A livello della coscia hanno visto che (fig 76):

1) Nella sua parte anteriore la fascia presenta:

-delle fibre orizzontali che si attaccano al tratto ileo-tibiale e delle altre che vanno posteriormente

-delle fibre verticali nella parte superiore della coscia, che sono intrecciate con le fibre orizzontali

-delle fibre oblique in basso ed in dentro la cui parte inferiore si prosegue sulla parte interna della tibia. Sono più sottili di quelle verticali ad eccezione che a livello delle anche dove sono più forti

2) nella sua parte posteriore:

-potenti fibre verticali

-fibre orizzontali presenti soprattutto sotto il grande gluteo e nella parte inferiore della coscia (queste terminano nel cavo popliteo); le fibre più basse sono arciformi, dapprima oblique in basso ed in dentro, poi verticali e si continuano con l’aponeurosi tibiale posteriore.

3) nella sua parte interna:

-costituite da fibre verticali e oblique, queste ultime provenienti dalla fascia lata; presentano un contingente anteriore obliquo in basso ed in avanti e un contingente posteriore obliquo in basso ed in dietro. Le fibre anteriori si confondono con il retinacolo patellare, quelle laterali con il legamento collaterale interno. La parte laterale interna presenta fibre molto resistenti, strette e facilmente palpabili.

4) nella sua parte esterna:

-delle fibre verticali molto potenti formano il tratto ileo-tibiale. Questo tratto è in connessione con il femore grazie alla membrana interossea esterna. Nella sua parte inferiore entra nella costituzione del retinacolo patellare e del legamento collaterale esterno.

Le fibre della coscia si prolungano a livello della gamba e del piede, dove presentano la stessa architettura. In genarale la fascia dell’arto inferiore e comunque, tutte le fasce, hanno una costruzione a spirale. Questo permette loro di giocare un ruolo “di straccio” nella dinamica dei fluidi, come abbiamo già visto, ma anche di aumentare la capacità di resistenza alle sollecitazioni e di mantenere delle forme anatomiche.

 

MECCANICA GENERALE

 

A) CONDUZIONE DELLA SENSIBILITA’

La conduzione della sensibilità, proveniente dalla periferia, arriva al corno posteriore del midollo spinale. Da qui, attraverso le vie intramidollari, è portata verso i centri specifici cerebrali che elaborano l’informazione ed inviano la risposta di ritorno adeguata alla situazione. Questo è uno schema un po’ grossolano, nella realtà le cose sono molto più complesse. Esiste tutta una serie di recettori periferici che si trovano nelle vie di passaggio anatomiche sopra descritte, ma sembra che le vie di conduzione non siano così semplici come si potrebbe pensare e che esistano dei circuiti che attualmente sfuggono a ogni schematizzazione.

Ogni informazione che arriva al corno posteriore del midollo non genera sistematicamente una risposta e questo fortunatamente, altrimenti saremmo in uno stato di agitazione permanente. Perché ci sia una risposta appropriata è necessario che avvenga una sommazione di impulsi. È a partire da questa constatazione che Melzach e Wall hanno elaborato la “teoria del portone”. Esiste nel corno posteriore del midollo un meccanismo regolatore che consente di aumentare o diminuire debitamente gli impulsi nervosi. Questo meccanismo è determinato dall’attività di fibre Aβ e Aδ, oltre che dalle influenze discendenti generate dal cervello. Quando la quantità di informazioni che attraversano il portone oltrepassa una soglia critica, c’è l’attivazione delle zone neurali responsabili del dolore. A livello delle cellule T del corno posteriore arriva tutto un flusso di stimoli; fino ad una certa soglia, le cellule T sono in grado di esercitare un controllo inibitorio e il portone resta chiuso. Quando la sommazione diventa troppo grande il controllo inibitorio è inibito, il portone si apre e compare la sensazione dolorosa.

Tuttavia il meccanismo puramente midollare pone alcuni problemi; infatti il modello del portone è basato su un controllo presinaptico, ma esistono anche delle inibizioni postsinaptiche; ne è prova il fatto che il meccanismo di salvaguardia, ma anche l’arresto della lesione avviene in primo luogo alla periferia, prima ancora dell’intervento dell’arco riflesso. Appare chiaro dunque che non tutte le informazioni vanno verso i centri superiori, ma che vengono trattate anche dai “cervelli periferici”. Così esperimenti effettuati su topi decerebrati hanno dimostrato che questi potevano risolvere dei problemi di labirinto per trovare il cibo. Il midollo sarebbe dotato di memoria, può prendere decisioni e risolvere alcuni problemi. Ma i cervelli periferici sono disposti anche alla periferia e soprattutto a livello delle fasce.

Le fasce sarebbero dei conduttori di una sensibilità superficiale che segue sistemi diversi da quelli midollari; è quello che Bichat chiamava “il simpatico delle membrane”. Così, per esempio, se ci grattiamo a livello della coscia, possono apparire dei punti di irritazione lontani, sulla schiena o altrove. Questa conduzione periferica della sensibilità è perfettamente illustrata in caso di causalgie o di algoallucinosi. Queste due patologie possono generare dei dolori talmente atroci che il soggetto è portato a suicidarsi. Oppure nei casi più ribelli, dopo radicolotomie, simpatectomie, cordotomie o sezioni midollari, si ottiene, a volte, solo una scomparsa transitoria del dolore infatti questo finisce per ritornare con la stessa intensità. Da dove viene? Da dove passa? Sicuramente non dal sistema nervo-midollo che è stato sopresso. Sembra quindi esistere una maglia sensitiva autonoma che costituisce la prima organizzazione periferica, e che funziona in maniera del tutto indipendente.

Un tocco leggero su una zona dolorosa può scatenare dolori atroci, talvolta il dolore si manifesta spontaneamente senza stimoli apparenti. I dolori possono propagarsi in modo imprevedibile in parti lontane del corpo, che non hanno alcun legame con il sito iniziale del dolore. Spesso il dolore persiste a lungo dopo l’arresto dello stimolo. Questo fatto sfugge a qualsiasi spiegazione logica se consideriamo un sistema del dolore specifico, rigido, diretto. Così una vescica in uno stato di semi-replezione è insensibile e non genera lo stimolo ad urinare. La replezione genera il bisogno di urinare grazie ad uno stimolo di eccitazione dei meccanorecettori. In caso di cistite, il bisogno di urinare si scatena con una capacità di replezione molto debole.

L’utero presenta una doppia innervazione. Il corpo innervato da un contingente di fibre dorso-lombari non è doloroso se non in caso di forti dilatazioni, di infezioni importanti, nel parto e durante le mestruazioni in alcune donne. Certamente in questo ultimo caso le fasce sono in uno stato di stimolo massimale e il semplice fatto della congestione mestruale è sufficiente a scatenare il dolore. Il collo è innervato dal plesso ipogastrico ed è sede di intensi dolori anche se viene dilatato di pochi centimetri. Non soltanto i tessuti reagiscono agli stimoli, ma all’interno di uno stesso organo gli stimoli possono generare reazioni del tutto differenti. Appare sempre più evidente che la fascia non è soltanto la sede di una sensibilità, ma che è capace di elaborare l’informazione in maniera del tutto autonoma. Piscinger attribuisce questa regolazione al sistema di base. Essa è assicurata dal mentenimento dell’omeostasi del sistema, ovvero la correzione, con il minimo di perdita di energia, delle deviazioni che risultano dall’intervento di fattori perturbanti.

Questi fattori perturbanti agiscono in generale in modo unilaterale. La mobilità e la funzione sono perturbate nel segmento colpito. Ancor prima dell’apparizione dei disturbi clinicamente espressi, la perturbazione è già installata; essa è caratterizzata da una un aumento di dispendio energetico che assicura la funzione. Poi per via riflessa segmentaria, il danno va in profondità, via viscerosomatica, per guadagnare, con l’installazione della cronicità, tutto il lato omolaterale che si trova così in ipofunzione.

Yahia e coll., nei loro lavori sulla fascia toraco-lombare hanno messo in evidenza dei corpuscoli di Pacini e Ruffini. I corpuscoli di Ruffini sono caratterizzati da un semplice assone ed una arborizzazione dendritica molto densa con le fibre di collagene. I meccanocettori sono localizzati soprattutto nelle zone juxtavascolari e nel tessuto connettivo lasso con dei fasci di collagene denso. Questa conduzione nervosa a livello della fascia sembra essere fatta sia dal sistema parasimpatico che, soprattutto, da quello simpatico e che intervengono non soltanto nella meccanica, ma anche nella biochimica fasciale. Il simpatico, influenzando la circolazione sanguigna ed il metabolismo,influisce sul livello del pH e l’eliminazione degli scarti. Se la fascia possiede il suo sistema di innervazione è perché non è una struttura rigida, ma possiede un certo movimento. Ciò è stato controllato da Yahia e coll., nell’esperienza di stiramento della fascia, che ha messo in evidenza una contrazione spontanea durante lo stiramento, che si traduce in un aumento delle sue proprietà viscoelastiche.

Boabighi e coll., hanno dimostrate che le fibre di collagene sono costituite da ondulazioni regolari, queste sono comparabili nella loro forma alle onde fluide in movimento. La loro ampiezza media è di 6 micrometri e la loro lunghezza d’onda di 60 micrometri. Andiamo a vedere adesso qualche misura effettuata da questi autori

 

PROPRIETA’ ISTOLOGICHE DELLE APONEUROSI (misure in micron )

STRUTTURA Diametro dei fasci ampiezza Lunghezza d’onda
Aponeurosi brachiale 8,5
Aponeurosi antibrachiale 8,5
Retinacolo degli estensori 1,5
Retinacolo dei flessori 1,5
Aponeurosi alta dell’obliquo esterno 8,5
Aponeurosi bassa dell’obliquo esterno 5,7
Fascia lata anteriore 8,5
Tratto ileo tibiale 4,5
Retinacolo estensore della caviglia 1,5

 

Dobbiamo dunque considerare la fascia come una struttura dotata di un certo movimento autonomo. L’origine di questo movimento deve essere ricercata nell’embriologia. Lo sviluppo embriologico non è che un movimento continuo che, dopo diversi stadi, porta alla costituzione di un essere umano. Ricordiamoci che all’inizio abbiamo tre foglietti intimamente intricati: ectoblasta, mesoblasta ed endoblasta. Questi tre foglietti subiscono una involuzione che permette loro di costituire lo scheletro, le cavità, gli organi. Questa involuzione si svolge in modo concomitante infatti ogni foglietto migra in parallelo e penetra in quello vicino. Persisterà “la memoria” del movimento continuo, che si ritroverà a livello craniale, viscerale e fasciale. La sua ampiezza sarà all’incirca di 8-14 periodi al minuto, con leggere variazioni a seconda delle zone considerate. Questo movimento continuo permetterà di facilitare gli scambi cellulari oltre che rendere dinamica la meccanica dei fluidi. Sembra che questo movimento sia mantenuto dal sistema nervoso simpatico, la sua diminuzione, la sua assenza o la sua accelerazione costituirà per noi un mezzo di diagnosi di lesione, come vedremo più in là.

 

B) PARTICOLARITA’MORFOLOGICHE

Il tessuto connettivo è molto ricco di fibre collagene disposte in fasci molto densi e pressoché paralleli, orientati con regolarità nel senso dove le sollecitazioni meccaniche sono più importanti. La differenza di intensità delle costrizioni meccaniche ci porta a constatare in maniera generale che:

- a livello degli arti superiori le fasce antero-esterne sono più spesse e più potenti di quelle postero-interne.

- Questa stessa disposizione si trova a livello dell’arto inferiore, fatta eccezione a livello della gamba dove la fascia antero-interna che ricopre la tibia è la più spessa.

- A livello plantare e palmare ritroviamo delle fasce potenti, spesse e resistenti.

- A livello del collo e del tronco in generale le fasce posteriori sono più potenti di quelle anteriori.

Questa differenza a seconda della localizzazione si spiega attraverso le loro caratteristiche biomeccaniche. Le fasce più spesse e resistenti hanno sia un lavoro dinamico, sia frenante molto più importante. Sono queste che intervengono maggiormente nel mantenimento della statica e della postura. Abbiamo visto come l’intensità delle sollecitazioni genera le caratteristiche della fascia e come tali differenze appaiono del tutto logiche. Boabighi e coll., hanno studiato le proprità biomeccaniche di alcune aponeurosi e noi riproduciamo qui le loro misurazioni:proprietà biomeccaniche delle apeneurosi

STRUTTURA Allungamento in percentuale Costrizione in N/mm² Modulo di Young (da N/mm² )
Aponeurosi brachiale 1,7
Lacerto fibroso 2,9
Aponeurosi antibrachiele 1,2
Retinacolo degli estensori 1,0
Retinacolo dei flessori 1,3
Aponeurosi palmere 2,4
Aponeurosi digitale 2,6
Aponeurosi dell’obliquo est. 1,2
Aponeurosi dell’obliquo int. 3,5
Fascia lata 0,6
Tratto ileo-tibiale 3,8
Retinacolo est. caviglia 1,1

 

L’analisi di questa tabella mette in evidenza un gruppo la cui soglia di rottura è elevata, come si vede dal modulo di Young. Questo gruppo comprende: il lacero fibroso, l’aponeurosi palmare e digitale, il tratto ileo-tibiale, l’aponeurosi bassa del muscolo obliquo esterno . Questo gruppo tuttavia ha dei valori più bassi di stiramento e corrisponde a ciò che noi abbiamo classificato con aponeurosi più spesse e resistenti. Lo studio morfologico mette in evidenza che:

- gli arti inferiori sono generalmente, in posizione naturale, in rotazione esterna.

- - gli arti superiori sono in generale, in posizione naturale, in rotazione interna.

Vedremo con i test che questa posizione generale dovrà essere tuttavia sfumata. Un’altra particolarità sorprendente consiste nell’allineamento degli arti in rapporto al tronco. Tanto gli arti inferiori sono in continuità con il tronco e con il bacino, tanto gli arti superiori sembrano branchie derivate dal torace come due innesti che sono stati attaccati al tronco. Vedremo che questo ha la sua importanza pratica.

 



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