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B) parte superiore del torace (fig 94)



In questa regione la difficoltà si accresce, tenuto conto che in più alle aponeurosi superficiali si aggiungono il pericardio, la cupola pleurica e le fasce che prendono legame a livello del cingolo scapolare.

 

B1) test bimanuale

Le due mani largamente aperte saranno poste sulla parte laterale del torace, il palmo delle mani sarà appena sotto le clavicole, le dita largamente aperte copriranno i pettorali e i pollici saranno in direzione mediale. Nella normalità un movimento armonioso si sentirà sotto le nostre mani; in caso di tensione questa può essere:

1. a direzione mediale per un problema che concerne la fascia superficiale che ricopre direttamente lo sterno

2. a direzione medale ma si avrà una sensazione di sprofondamento della mano se il problema si colloca livello del pericardio

3. a direzione verticale se il problema è localizzato nella cupola pleurica

4. a direzione supero-esterna se il problema concerne la regione periscapolare.

B2) test sternale

L’esperienza ci mostra che i problemi del torace superiore sono particolarmente localizzati a livello dello sterno o in prossimità di questo.

Porre una mano sullo sterno inglobandolo nella sua totalità, tenar – ipotenar situato a livello della forcella sternale, la mano sarà il più possibile in contatto con i tessuti a mo’ di ventosa; a partire da questo momento la motilità delle fasce dello sterno e sottogiacenti potrà essere facilmente percepita.

Bisogna immaginarsi lo sterno come un sacro rovesciato posto nella mano. Un microspostamento della mano potrà far viaggiare lo sterno in tutti i piani dello spazio e ci permetterà di localizzare molto facilmente il punto di restrizione.

7) Ascolto globale del cingolo scapolare (fig 95)

Il soggetto è sempre in decubito supino, il terapeuta è dietro la testa del paziente, porre i due pollici sul bordo anteriore dei trapezi vicino l’apofisi trasversa di C7, la mano aperta posa sulla cupola pleurica, sulle clavicole e sul moncone di spalla.

I pollici registreranno le restrizioni attorno alla prima costa. Le mani quelle relative alle inserzioni fasciali attorno alla clavicola, oltre che le eventuali tensioni periarticolari. È frequente notare un leggero squilibrio destro-sinistro. Nei destri il complesso spalla-clavicola destra ha una tendenza a orientarsi in avanti e in dentro; nei sinistri lo stesso fenomeno si ha a sinistra. Se questa tendenza è nettamente marcata entriamo nella disfunzione.

8) Ascolto del bacino (fig 96)

Il soggetto sarà in decubito prono. Questa regione è il punto di articolazione tra le potenti fasce lombo-sacrali e quelle dell’arto inferiore con dei forti rinforzi legamentosi conosciuti sotto il nome di piccoli e grandi legamenti sacro-sciatici. Occorrerà aggiungere tutte le strutture intracavitarie che dipendono dal piccolo bacino. Infine non bisogna dimenticare l’inserzione terminale della dura madre a livello del sacro. Abbiamo così un’idea dell’accumulo di informazioni che transitano in questa regione, informazioni che complicano l’ascolto.

Il terapista si pone lateralmente al soggetto guardando cefalicamente, la mano ingloba bene il sacro a effetto ventosa, la base è a livello degli angoli inferiori del sacro. Se la zona è funzionale il sacro fluttuerà armoniosamente tra le iliache.

In caso di disfunzione:

Ø se le dita della mano sono attirate cefalicamente il problema si situerà probabilmente a livello della cerniera lombo-sacrale o della fascia lombare.

Ø se il palmo della mano è attirato caudalmente, la disfunzione potrà avere sede a livello del coccige o del grande legamento sacro-ischiatico.

Ø se la mano ha la tendenza a infossarsi tra le iliache occorrerà considerare delle restrizioni a livello del piccolo bacino.

Ø Se la mano è attirata lateralmente la restrizione potrà essere di origine sacro-iliaca, del piccolo legamento sacro-ischiatico, o dell’anca e pelvi-trocanterica.

Ø Se il palmo della mano è attirato verso il tavolato e cefalicamente occorrerà considerare una tensione anomala a livello della dura madre.

9) Ascolto delle fasce dorsali (fig 97)

Il paziente è in decubito prono.

L’osteopata è seduto lateralmente e guarda cefalicamente. Le mani sono poste bilateralmente in rapporto all’asse vertebrale; ognuna delle due mani ingloba il rachide e le parti iuxta-laterali (o una sola mano che copre rachide e parti laterali). La motilità nella regione dorsale bassa è difficile da percepire. A questo livello avremo una risposta positiva soprattutto in caso di distorsione. A livello dorsale superiore è molto più facile mettere in evidenza la motilità. Le due mani saranno poste sulle scapole. Si percepirà rapidamente un movimento come se le mani fluttuassero sulla gabbia toracica. L’interposizione delle scapole in rapporto al torace sembra costituire un amplificatore del movimento.

In caso di distorsione la scapola sarà attirata preferenzialmente verso la zona in restrizione.

10) Ascolto craniale

In questa regione possono essere testati diversi parametri e ciò aumenta la complessità e la difficoltà diagnostica. Dobbiamo in effetti tenere conto di : 1-membrane intracraniali; 2-membrane esocraniali e loro prolungamenti (aponeurosi cervicali); 3-meningi rachidee; 4-asse aponeurotico centrale. La posizione della testa sarà in decubito supino qualunque sia l’asse testato.

(a) le membrane intracraniali

Non abbiamo intenzione di descrivere le tecniche craniali. Pensiamo che la tecnica a 5 dita è ben adatta a un ascolto generale del cranio. In caso di distorsione può essere completata da una tecnica falce-tenda del cervelletto:l’occipite riposa sul palmo della mano sinistra; il pollice e l’anulare diretti lateralmente come per inglobare la tenda del cervelletto, l’altra mano è posta sulla volta con il medio che indica l’asse sagittale della falce del cervello. Una delle difficoltà nella percezione delle membrane intra-craniali è dovuta all’interposizione tra la mano e queste delle aponeurosi esocraniali e di tutto il piano osseo.

Abbiamo visto che l’interno del cranio è in relazione con l’esterno e viceversa , un parametro può dunque influenzare l’altro. Sarà necessario per un ascolto intracraniale “proiettarsi” all’interno dl cranio.

(b) le membrane esocraniali e loro prolungamenti

Paziente in decupito supino.

È evidente che le aponeurosi esterne possono essere in restrizione; non bisognerà dunque trascurarle in caso di tensione superficiale, ma sarà necessario ricercare il punto di restrizione, che sarà molto disturbante per la meccanica craniale e cervico-scapolare, come vedremo più tardi.

 

Abbiamo visto che la base del cranio era il punto di partenza dei cavi aponeurotici e delle aponeurosi cervicali. In caso di lesione ascendente questi costituiranno un punto frenante della motilità craniale. Questo è particolarmente vero per le aponeurosi dello sternocleidomastoideo e soprattutto dell’aponeurosi cervicale superficiale posteriore, che ha la tendenza a portare il temporale in lesione. Durante la presa craniale, sentiremo una attrazione caudale nelle nostre mani, che segue la direzione delle fibre incriminate.

(c) meningi rachidee (figg. 98 e 99)

La presa sarà sotto-occipitale, le dita poste le une sulle altre aformare una V molto aperta. Indurre una leggera trazione seguendo l’asse intravertebrale. Aumentare leggermente questa trazione per discendere progressivamente fino a livello sacrale. La dura madre prende dei solidi legami a livello di C2-C3, ma attraverso dei prolungamenti radicolari prende anche dei solidi legami sulla circonferenza dei fori di coniugazione bilateralmente. Questi legami non sono teorici, la dura madre è solidamente ancorata al periostio vertebrale costituendo così un mezzo di protezione midollare e delle radici intrarachidee. Abbiamo potuto verificare la loro solidità sul maiale, dove per arrivare a disinserirle è stato necessario applicare una forza importante.

Nella normalità una leggera trazione sulla dura madre non avrà delle risposte positive. Essendo la dura inestensibile, risentirà facilmente di una fissazione, poiché in quel punto la dura madre non fluttuerà più nel condotto osseo. Con una certa manualità sarà facile fare diagnosi di restrizioni ai vari livelli, sia frontalmente che lateralmente.

 

asse aponeurotico centrale (fig. 100)

Il punto di partenza di quest’ asse si colloca sulla circonferenza del foro occipitale. Quando sarà passato il potere frenante dei diversi elementi posti lungo il suo percorso, tutta la restrizione, in qualunque distretto del suo tragitto, si ripercuoterà sulla base del cranio. Per l’ascolto di questo asse la presa della mano è la stessa che per l’asse dura-madrico, con i pollici diretti verso l’asse mandibolare. -Nella normalità questo asse è perfettamente libero. In caso di restrizioni si possono fare due constatazioni:

1) sensitiva: le mani sono attirate caudalmente, con la scatola cranica che segue un movimento ritmato dalla respirazione

2) visiva: guardando questo asse centrale constatiamo che si ha un movimento ritmico caudo-cefalico e, in caso di grave fissazione, vediamo la parte viscerale del collo infossarsi all’interno dell’imbuto toracico con un ampiezza di parecchi centimetri.

 

11) Ascolto antero-posteriore (fig 101 e 101 bis)

Il soggetto è in decubito supino.

Il terapista è dietro la testa del soggetto.

Il terapista pone una mano a coppa sotto l’occipite inducendo una leggera trazione, l’altra mano è appoggiata piatta sullo sterno.

Questa tecnica serve a testare il sincronismo generale delle fasce, particolarmente a livello toracico e cervico-craniale. Una leggera trazione sotto-occipitale serve a proiettarsi su tutte le fasce posteriori. Nella normalità un movimento ampio, libero e ben ritmato è percepito dalle nostre mani. In caso di restrizione percepiremo un movimento asincrono e che segue determinati assi preferenziali.

 

12) Lo stress

In alcune persone particolarmente stressate i tessuti avranno una motilità perturbata. Il movimento sarà rallentato e la sua ampiezza diminuita. La sensazione percepita sarà una mancanza di libertà nelle oscillazioni dei tessuti, come se questi fossero indecisi riguardo alla direzione in cui muoversi. Avremo così una sensazione di retroazione e la mano avrà la tendenza a richiudersi. Questo può essere sentito a tutti i livelli ma soprattutto nel cranio, nella regione toracica e, in quest’ultimo caso, in modo più evidente nello sterno.

13) Zone particolari

Alcune zone del corpo sono più vulnerabili e lasciano dei ricordi imperituri di un trauma a loro livello. In queste zone possiamo dire che le fasce hanno una memoria particolarmente durevole. È sufficiente porre le mani su questi distretti per rivelare delle tensioni fasciali spesso conseguenti a choc molto vecchi. Queste regioni sono maggiormente localizzate a livello: cranico e cervicale, dorsale superiore, sternale, coccigeo, epigastrico, nelle cicatrici e nei punti di impatto dell’urto.

(a) cranio e cervicali

Importante incrocio della circolazione per le vie nervose e vascolari, questa regione è dotata di una grande mobilità sia per un fine di migliore funzione, sia per un fine di adattamento-compensazione. A livello delle vertebre cervicali superiori e dell’occipite abbiamo l’arrivo di una moltitudine di sollecitazioni. Questa regione è in uno stato di riaggiustamento permanente al fine di assicurare un funzionamento il più perfetto possibile nei centri superiori dell’informazione e di comando.

Nel caso di traumi importanti l’ultimo punto di ammortizzazione è nelle vertebre cervicali e nella cerniera occipito-cervicale. Non stupisce, quindi, di incontrare delle tensioni fasciali oltre che delle restrizioni di mobilità a questo livello. La zona occipito-cervicale superiore sarà la più implicata. Si può affermare che è raro non trovare delle limitazioni a questo livello. Le prime tensioni ad imprimersi sono quelle conseguenti al parto. Non è raro constatare una traslazione laterale delle vertebre cervicali con compensazione occipite-atlante derivante da un vecchio trauma della circolazione o da un urto laterale violento, per la maggior parte delle volte dimenticato dal paziente ma non dai tessuti.

(b) dorsale superiore

Zona di sostegno delle vertebre cervicali, quelle dorsali superiori spesso subiscono le sollecitazioni imposte dalle prime. Così nel caso di un colpo di frusta è questa regione che va ad assorbire spesso la maggior parte dell’energia dell’urto e di seguito a entrare in uno stato di disfunzione. Uno degli urti più traumatici è quello relativo alle cadute a piatto sul dorso, soprattutto se è prodotta nell’infanzia. Quest’urto è all’origine di uno shock molto importante con spasmo respiratorio, angoscia e panico. Il trauma va ad imprimersi sui tessuti insieme allo stress che lo accompagna. Quando andiamo a posare una mano su questa zona sentiamo un’importante rigidità oltre che una tensione tessutale, come se la pelle fosse troppo tesa. È sufficiente interrogare il soggetto perché vi riveli spontaneamente il suo trauma in quanto questo ha lasciato un’impronta indelebile. La regione dorsale superiore è, così come l’abbiamo vista, un importante incrocio fasciale, continuamente sollecitato. Sotto il peso di urti, stress, tensioni, questa zona va ad essere la sede di limitazioni sempre più importanti che portano ad una modificazione della statica. Il dorso si cifotizza, le spalle ruotano in avanti; da cui l’espressione molto significativa ‘è tutto sulle mie spalle’ oppure ‘ho l’impressione di portare il peso del mondo sulle mie spalle’.

(c) sterno

È una zona di elezione per le tensioni conseguenti a stress ripetuti e non compensati. Durante l’ascolto a questo livello i tessuti sono tesi, fissati, si ritraggono verso il centro, lasciano la sensazione di una mano che ha la tendenza a incavarsi quando lo sterno si ritrae posteriormente. La cintura di sicurezza, in caso di incidenti, lascia un’impronta assai rivelatrice durante l’ascolto, sotto forma di una trazione obliqua come una sbarra che percorre il torace superiore.

(d) coccige

Allo stesso modo che una caduta a piatto sul dorso che lascia un ricordo imperituro, una persona che è caduta sul coccige non lo dimenticherà mai. In questa regione si applica perfettamente il detto ‘vedere le stelle’. Oltre il trauma locale, la caduta sul coccige è spesso accompagnata da una scossa che può risalire fino al cranio, ma può riguardare anche l’addome o il torace. Non è raro constatare, dopo un tale trauma, l’apparizione di una tensione dolorosa in seno ad un organo o constatare una ptosi. Il coccige, nel caso di choc, si lede il più frequentemente in flessione e latero-flessione. La palpazione a questo livello rivelerà l’urto anche dopo molti anni, e anche se l’urto è divenuto muto possiamo dire che l’impronta è a vita.

(e) regione epigastrica

Numerose persone somatizzano il loro stress a livello epigastrico da cui l’espressione ‘avere un peso nello stomaco’. Questo stress esercita il plesso solare che genera a sua volta una disfunzione di tutta la regione sopra-mesocolica. In un ascolto a questo livello abbiamo la sensazione di una zona dura, ipertesa che non si lascia comprimere e che genera dolore. Alla palpazione abbiamo effettivamente l’impressione di avere un palla sotto la mano. Gli organi sono fissati e distesi; il fatto di porre la nostra mano genera un’eco dei battiti aortici che sono molto amplificati e inquietano particolarmente il paziente.

(f) cicatrici

Non tutte le cicatrici sono all’origine di una disfunzione ma come abbiamo visto numerose sono quelle che generano delle perturbazioni. Esse devono essere sistematicamente testate perché, quando diventano elementi perturbatori, costituiscono la causa primaria di una disfunzione meccanica o fisiologica. L’ascolto di una cicatrice restrittiva ci rivelerà molto facilmente la direzione delle tensioni che avrà generato.

 

(g) punti di impatto degli urti

Quando il corpo subisce un urto questo deve essere ammortizzato, altrimenti potrebbe ledere gravemente le strutture fragili. Durante un urto diretto, un colpo per esempio, si ha prima l’ammortizzazione da parte della pelle, poi delle fasce e del pannicolo adiposo. Quando il trauma sopravviene su una zona poco protetta, come la tibia o il cranio, la zona tessutale di ammmortizzazione è nettamente ridotta. Va dunque a imprimersi sulle fasce e a costituire un punto di fissazione da cui parte da un processo lesionale. Dobbiamo ricercare con molta minuziosità questi segni di punti di impatto perché sono spesso la chiave del successo del nostro trattamento.

Un urto a livello del cranio, soprattutto nella sua parte postero-laterale, può essere all’origine di una modificazione del tessuto connettivo che porta alla formazione di una catena lesionale discendente che si trasmette via via: alla cerniera occipito-cervicale, alle vertebre cervicali, alla cerniera cervico-dorsale, alla spalla. Durante l’ascolto percepiamo una fissazione molto spesso puntiforme. Ma un urto importante come un incidente in automobile o una caduta sul polso oltrepassa le possibilità dei tessuti molli e dovrà essere quindi presa in carico da un tessuto più denso come il complesso periostio-osso. L’osso ha una certa elasticità, la sua architettura è costruita in maniera tale da assorbire gli urti. Se questi sono troppo violenti lasceranno un’impronta sul tessuto osseo che diverrà punto di partenza di un processo patologico.

Ci torna in mente un paziente visto recentemente in seguito ad un urto frontale in auto. Questa persona si è aggrappata al volante e una gran parte di energia è stata assorbita dal radio sinistro. All’ascolto questo dava l’impressione di essere piegato come se le fibre ossee fossero penetrate in parte l’una nell’altra. In effetti l’osso era arrivato al limite di rottura.



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