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A) il legamento plantare (fig. 123)



In seguito a diverse distorsioni che subisce il piede è frequente constatare una tensione importante del legamento plantare. Questa tensione blocca tutto il meccanismo del piede e impedisce spesso la riuscita delle tecniche strutturali specifiche e può, infine essere all’origine di una spina calcaneare.

· Il soggetto è in decubito prono con le gambe piegate

· penetrare in profondità per sentire la corda che tende la volta plantare.

· In un primo tempo esercitare una pressione mentre si scivola insistendo sulle zone con maggiore sensibilità.

· In un secondo tempo agganciare il legamento con i polpastrelli delle dita e stirarlo trasversalmente.

Questa tecnica è molto dolorosa: occorre dunque prevenire il paziente che dovrà essere consenziente. Occorre sempre rimanere nel limite del tollerabile. Prese queste precauzioni il trattamento dovrà essere deciso ma breve. Il risultato è spesso molto rapido, nella maggior parte dei casi bastano una o due sedute, anche se abbiamo a che fare spesso con dei casi di vecchi traumi importanti. In caso di spina calcaneare, dopo aver trattato il legamento plantare occorrerà insistere direttamente a livello della spina attraverso una pressione-rotazione per trattare la fascia a livello della inserzione sul tallone, in seguito salire lungo il tendine di Achille per arrivare al polpaccio, dove le tensioni si situano più spesso nel piano di divisione dei gemelli. Anche in questo caso la fine del dolore deve essere rapida. Talvolta constatiamo una diminuzione della spina o una sua scomparsa.

 

b) la fascia della gamba (fig. 124)

ricopre direttamente la tibia ed è frequentemente implicata nelle lesioni dell’arto inferiore, oltre che essere la chiave del successo del trattamento di un ginocchio o di una caviglia.

· Il soggetto è in decubito supino, con le gambe stese o piegate e i piedi che poggiano sulla tavola.

· Esercitare una pressione da scivolamento lungo la fascia, insistendo attraverso stiramenti, pompage, rotazione sulle zone di fissazione. Si sale così fino al piatto interno della tibia.

Tutti i punti di fissazione devono essere rilasciati, in questo momento si potrà far scivolare il dito lungo la fascia senza ostacolo e senza dolore. Il trattamento della fascia e della gamba è spesso la chiave per un problema di caviglia dolorante, in cui si ha difficoltà alla flessione plantare. In seguito ad una distorsione lo stiramento brutale, generato dal falso movimento, si è ripercosso esclusivamente sulla fascia della gamba, preservando i legamenti della caviglia ma creando una tensione fissatrice su questa.

Segnaliamo anche che la fascia della gamba è una zona preferenziale di prevenzione dei problemi ginecologici nella donna. Questi sono all’origine di modificazioni fasciali riflesse che si situano generalmente a metà tibia sul lato esterno e sul condilo interno, sotto forma di una zona edematosa infiltrata e dolorante. Il trattamento di queste zone dà spesso per via riflessa dei risultati interessanti a livello ginecologico. Talvolta tutta la fascia è in disfunzione senza un particolare punto di fissazione. Il trattamento avverrà sotto forma di ascolto-induzione sia in modo globale ponendo una mano a livello della parte inferiore della tibia e una in quella superiore, sia in maniera segmentale per finire via via in modo globale.

 

C) la coscia

Nella maggior parte dei casi i problemi della coscia si situano a livello esterno e interno.

1) a livello esterno (fig. 125)

Sono tutte distorsioni legate alla fascia lata.

Il soggetto è in decubito supino con le gambe stese. Con i polpastrelli di due o tre dita facciamo una pressione da scivolamento lungo il tratto ileo-tibiale. Incontreremo speso un aumento di ondulazioni come se fossimo in presenza di una tenda ondulata. Occorrerà cercare di ridurre progressivamente queste ondulazioni. Incontreremo lungo il tragitto dei punti dolorosi sotto forma di granulazioni e occorrerà ridurli attraverso una levigazione-rotazione. Qui, come in tutti i casi di trattamento delle fasce, l’efficacia si tradurrà in una diminuzione della tensione, in una riduzione del dolore e in un miglioramento funzionale. Ciò vale per tutte le fasce e dunque è applicabile ad ogni tecnica. Ritorniamo un attimo sul dolore per segnalare che questo può essere acuto e al limite del tollerabile e se il trattamento è ben condotto e preciso questo deve totalmente cessare in un lasso di tempo molto breve. Se il trattamento è mal condotto o la fascia reagisce troppo violentemente persisterà per più giorni un dolore residuo, anche se inizialmente la zona trattata poteva essere non dolorante.

2) a livello interno (fig. 126)

· Il soggetto è in decubito supino con il ginocchio e l’anca leggermente piegate.

· Il terapista si posiziona lateralmente ponendo un ginocchio sulla tavola e facendo riposare la faccia esterna della coscia del paziente sulla propria coscia.

· Posizionare polpastrelli delle dita delle due mani lungo il piano di divisione degli adduttori e esercitare una pressione da stiramento. Se esiste un punto di fissazione più importante si pongono i due pollici sul bordo superiore degli adduttori, realizzando in seguito uno stiramento trasversale spingendo verso il lettino.

d) lo sciatico (fig. 127)

Per finire con l’arto inferiore parleremo del trattamento della fascia sciatica. Abbiamo detto nei test che questa poteva essere fonte di irritazione e causa dell’origine o del mantenimento di una sciatica. Raccontiamo per questo un aneddoto importante. Come molte persone abbiamo conosciuto pazienti che avevano consultato dei guaritori che avevano ‘messo loro a posto dei nervi’ o ‘rimontato i nervi’ e nel caso di sciatica il risultato era talvolta spettacolare. La tecnica consisteva nel mettere il paziente in decubito prono o in piedi e con il pollice risalire lungo lo sciatico fino al gluteo o lungo il dorso fino alle vertebre cervicali. Inutile precisare che nella maggior parte dei casi il paziente aveva un ricordo indimenticabile; il pollice del terapista solcava tutta la zona da trattare e talvolta ne restava una traccia lunga a sparire. Comunque il paziente si trovava spesso alleggerito della sua sciatica. Per anni ne abbiamo cercato una spiegazione. Quest’ultima pertanto era molto semplice e lo studio più approfondito dell’anatomia lo ha dimostrato.

Lo sciatico è circondato da una fascia, la tensione di questa, molto semplicemente, può irritarlo. La solcatura non rimetteva il nervo a posto ma faceva semplicemente un lavoro fasciale. La tradizione popolare è sempre fondata su una certa verità. Lo stress generato dalla tecnica sembrava risvegliare la fascia che si trovava in uno stato di ipofunzionalità e si irritava. Il forte stimolo aveva inibito la siderazione e rimesso in memoria la fisiologia normale.

Abbiamo dunque adattato e applicato questo trattamento molto spesso con successo.

· Il soggetto è in decubito prono;

· dopo aver trovato la zona di restrizione che si trova spesso a metà coscia, introduciamo i polpastrelli delle dita di due mani in profondità per realizzare uno stiramento longitudinale e trasversale.

· Discendiamo lungo la fascia fino al polpaccio; poi appoggiamo una coscia sul tavolo e vi poniamo sopra la gamba piegata del paziente. Procediamo in seguito con lo stiramento o la pressione-inibizione del punto specifico. Non è necessario nella grande maggioranza dei casi esercitare una pressione troppo forte facendo male al paziente, né solcare con il pollice tutto l’arto inferiore, ciò può essere fatto in modo più dolce.

Spesso constatiamo dopo un tale trattamento un miglioramento funzionale con diminuzione netta del segno di Lasègue. Ben inteso che questa tecnica non è esclusiva del trattamento della sciatica, ma si accompagna a una esplorazione minuziosa delle cause possibili e molto frequentemente si associa ad altre tecniche.

 

B- IL BACINO

Non insisteremo sulle tecniche di liberazione dei piccoli e grandi legamenti sacro-ischiatici o del piramidale, che tutti conoscete, ma segnaliamo il fatto che il piccolo legamento sacro-ischiatico è spesso la chiave dei problemi del bacino e dell’arto inferiore. Sarà dunque necessario esplorarlo sistematicamente. Descriveremo essenzialmente due tecniche per: le fasce glutee e i legamenti ileo-lombari e lombo-sacrali.

 

 

- Le fasce glutee (fig 128)

Ricoprono una grande superficie e sono costantemente sollecitati a causa della posizione eretta.

· Il soggetto è in decubito prono

· con il pollice, attraverso una pressione scivolamento o una tecnica di inibizione o stiramento andiamo a trattare: i legami di inserzione lungo la cresta iliaca, dove incontriamo spesso delle bande fasciali o delle zone nodulari; le fasce che avvolgono i diversi fasci muscolari e che seguono una direzione obliqua in basso e in fuori (per una migliore efficacia sarà necessario penetrare profondamente tra i fasci); l’inserzione della fascia lungo il bordo laterale del sacro, in contatto con l’osso, dove le bande fasciali e le zone nodulari sono frequenti.

In molti pazienti, per una maggiore efficacia, questa tecnica dovrà praticarsi in piedi.

Facendo l’esempio di una fascia di destra: ci si pone dietro il paziente, che si appoggia contro il terapista; si passa il braccio sinistro sotto quello del paziente, cingendolo; sostenendo il paziente col braccio sinistro si fa una traslazione sinistra del bacino, accompagnata da una inclinazione destra del busto. Questo permette di diminuire le tensioni a livello della fascia e di realizzare un miglior lavoro con la mano destra.

 

- Il legamento ileo-lombare (fig 129)

È una vera e propria corda tesa tra le apofisi trasverse di L4-L5 e la cresta iliaca. È una chiave essenziale per la normalizzazione della cerniera lombo-sacrale. Come abbiamo segnalato, la tecnica si fa solo in posizione eretta; in decubito prono non è efficace. Questo legamento ha bisogno, per essere trattato, di un peso che lo metta in tensione. Prendiamo l’esempio del legamento di destra:

· il soggetto è in posizione eretta con i piedi leggermente divaricati.

· Il terapista si pone dietro di lui e si mette in contatto con il dorso del paziente. Il braccio sinistro del terapista, passa sotto quello del paziente,e cinge quest’ultimo.

· Il pollice destro si posiziona a metà del legamento ed esercita una pressione perpendicolare a questo.

Spesso anche una semplice pressione può essere dolorosa, con l’impossibilità di deprimere il legamento come se fosse calcificato. Occorrerà dunque avvalersi della partecipazione di tutto il corpo, per integrarlo in uno schema generale.

Si porterà poi l paziente in flessione anteriore, più o meno accentuata, e questo tramite un semplice nostro indietreggiamento. I piedi del soggetto non devono muoversi durante tutta la manovra, in seguito si eseguirà una latero flessione destra e una rotazione sinistra.

Durante tutto questo temop il pollice esercita una pressione costante sul legamento, in funzione del dolore. Occorrerà riaggiustare la posizione del corpo attorno al legamento; ritornare alla posizione iniziale e reintrodurre in seguito i diversi parametri.

La difficoltà di questa manovra è che spesso i pazienti, per paura di cadere, si contraggono e ciò rende la tecnica impossibile. Occorrerà spiegargli, per rassicurarlo pienamente, quel che ci si aspetta da lui, che lui sia del tutto rilassato. Per rassicurarlo ulteriormente bisognerà sostenerlo fermamente, quindi si porterà la nostra gamba sinistra a lato della sua in modo da sostenerlo anche con un secondo appoggio. Questa tecnica può essere subito risolutiva, ma la sua efficia si fa sentire dopo, a seguito di tecniche articolari sui tessuti molli del bacino o ad una correzione strutturale. Se tale tecnica è relizzata correttamente si guadagnerà molto nella flessione anteriore e questo faciliterà il processo di normalizzazione.

- Il legamento lombo-sacrale

La tecnica è la stessa della precedente con alcuni dettagli in più: il pollice è posto superiormente al solco; il soggetto sarà portato in estensione-inclinazione destra e rotazione sinistra.

Occorre segnalare che questo legamento è meno spesso chiemato in causa rispetto al precedente

C- LA REGIONE DORSALE



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